Disarmo per la giustizia climatica e la salute

Disarmament for Climate Justice and Health

Delegazione dell’IPPNW alla COP28

Si sta svolgendo dal 30 novembre al 12 dicembre negli Emirati Arabi Uniti la 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP28). Per la prima volta, l’IPPNW ha inviato una delegazione internazionale ufficiale alla COP per garantire che la salute umana e ambientale sia al centro del processo decisionale.

Come medici e operatori sanitari avvertiamo che la crisi climatica, la militarizzazione e le armi nucleari rappresentano una grave minaccia per la salute globale.

Allo stesso tempo, si possono ottenere enormi benefici per la salute superando la nostra “dipendenza dai combustibili fossili” e il bisogno distruttivo di giochi di potere militarizzati. In un momento di speranza: per la prima volta i temi della salute e della pace faranno parte del programma della COP il 3 dicembre 2023.


Gli appelli dell’IPPNW a tutti gli Stati alla COP28:

  1. Le emissioni militari di gas serra accelerano il collasso climatico, ponendo una grave minaccia per la salute e il clima. Dovrebbero essere inclusi nei negoziati e sotto la rendicontazione vincolante dell’UNFCC per raggiungere la soglia di 1,5°C.
  2. La corsa agli armamenti globale minaccia la salute e il clima. Il disarmo e la smilitarizzazione possono contribuire a finanziare la mitigazione del clima. La cooperazione e la sicurezza umana dovrebbero essere al centro della politica e del processo decisionale.
  3. L’energia nucleare non è una soluzione al cambiamento climatico, ha gravi conseguenze sulla salute durante il suo ciclo di vita e aumenta il rischio di proliferazione nucleare. Cessare la creazione di nuove centrali nucleari, attuare la rapida eliminazione della produzione di energia nucleare e passare a una transizione giusta verso l’energia rinnovabile.
  4. Le armi nucleari rappresentano una grave minaccia per la salute del pianeta e di tutte le sue forme di vita. Gli accordi sul clima dovrebbero sollecitare tutti i governi ad aderire al Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari il prima possibile.

Nel dettaglio:

1. La militarizzazione e la corsa agli armamenti globale in corso stanno esacerbando la catastrofe climatica

Si stima che l’attività militare contribuisca al 5,5% delle emissioni globali di gas serra rispetto al 4,4% del settore sanitario globale (anche se lo scopo di uno è uccidere e distruggere mentre l’altro è destinato a sostenere la vita). Tuttavia, secondo l’UNFCCC, la loro segnalazione rimane volontaria e i dati ufficiali per paese rimangono scarsi. Gli studi mostrano sempre più l’impatto delle emissioni di carbonio a livello militare, vale a dire che nel 2017 il Pentagono è stato responsabile di più emissioni di carbonio rispetto a paesi come Svezia o Danimarca. Gli effetti climatici e ambientali delle guerre sono ancora meno presi in considerazione. I ricercatori hanno scoperto che i primi 12 mesi di guerra in Ucraina hanno prodotto 119 milioni di tonnellate di CO2, tanto quanto il Belgio ha prodotto nello stesso periodo. Mentre gli eserciti e gli attori della difesa elaborano strategie climatiche, non vi è alcuna prova che un “rinverdimento” delle forze armate sia possibile. Anche se lo fosse, i cicli di produzione e di durata delle attrezzature militari superano di gran lunga la finestra temporale di chiusura per l’azione per il clima. L’aereo da caccia F-35, ad esempio, produce 28 t di CO2 con un pieno di carburante, equivalente all’impronta di CO2 media annua di 4 cittadini tedeschi o 70 cittadini kenioti. Si prevede che l’F-35 diventi la pietra angolare della potenza aerea della NATO e degli alleati degli Stati Uniti e che opererà fino al 2070.

Dobbiamo dimezzare le emissioni entro il 2030 per rimanere entro il limite di 1,5 gradi e garantire così la salute umana e planetaria. Dobbiamo affrontare le emissioni militari.

2. La spesa militare globale è più alta che mai, dirottando risorse dall’azione per il clima

Nel 2022 la spesa militare mondiale è salita a 2.240 miliardi di dollari, 82,9 miliardi di dollari sono stati spesi solo per le armi nucleari. Affrontare la catastrofe climatica richiederà finanziamenti per la mitigazione, l’adattamento e le perdite e i danni, una delle principali questioni negoziate alla COP28. Il Fondo verde per il clima e altri strumenti finanziari per l’azione climatica sono notoriamente sottofinanziati. L’ultimo rapporto dell’IPCC afferma chiaramente che lo spazio fiscale potrebbe dover provenire da altre fonti e che “moderate riduzioni della spesa militare (che potrebbero comportare la risoluzione dei conflitti e accordi transnazionali sulle limitazioni degli armamenti) potrebbero liberare considerevoli risorse per l’agenda degli SDG”. Un rapporto di diverse ONG, tra cui IPPNW Germania, ha rilevato che 1,26 trilioni di dollari di spesa militare della NATO nel 2023 coprirebbero la promessa non mantenuta delle nazioni più inquinanti di finanziamenti per il clima di 100 miliardi di dollari all’anno per 12 anni, o l’adattamento e la mitigazione del clima dei paesi africani per 4 anni. anni. Invece, gli eserciti e l’industria degli armamenti stanno utilizzando il cambiamento climatico come argomento per aumentare i budget e le capacità militari. Le armi vengono esportate verso paesi vulnerabili dal punto di vista climatico e che stanno vivendo conflitti violenti, esacerbando così il doppio impatto della violenza e della crisi climatica.

3. L’energia nucleare è un vicolo cieco nella ricerca di energia pulita

Di fronte alla crisi climatica, alcuni stanno proponendo una soluzione apparentemente semplice senza emissioni di carbonio: l’energia nucleare. Ma in realtà, l’energia nucleare è troppo insignificante nel confronto globale, troppo lenta e troppo costosa per la decarbonizzazione rapidamente necessaria e troppo pericolosa per le persone e la natura per essere più di una distrazione senza alcun effetto reale e tempestivo sull’azione per il clima. Al contrario, l’assoluta incompatibilità delle grandi e rigide centrali elettriche con le fonti di energia rinnovabile rende l’energia nucleare più un freno che una soluzione. I principali motori dell’energia nucleare rimangono ancora gli Stati dotati di armi nucleari. Dei 195 paesi del mondo, 33 attualmente gestiscono centrali nucleari. Oltre la metà (57%) dell’elettricità generata da queste centrali nucleari è prodotta da soli tre paesi: gli Stati Uniti, il più grande produttore mondiale di energia nucleare, seguiti da Cina e Francia. Con la Russia al quarto posto in questa classifica e la Corea del Sud al quinto, questi cinque paesi da soli hanno rappresentato il 71% dell’energia nucleare generata a livello mondiale nel 2021.

L’energia nucleare è costosa e inaffidabile, sta perdendo importanza rispetto alla produzione complessiva di elettricità, è in ritardo rispetto alle energie rinnovabili in termini di rapporto costo-efficacia e produzione ed è quindi obsoleta. E l’energia nucleare rimane pericolosa: le sue conseguenze radiotossiche e i rischi per la salute lungo l’intera catena del combustibile, dalla miniera di uranio alla questione dello stoccaggio finale, rimangono un fardello irrisolto per le generazioni future.

4. Le armi nucleari minacciano un cambiamento climatico catastrofico

Le armi nucleari rappresentano una grave minaccia esistenziale per la salute umana e ambientale. Una cosiddetta guerra nucleare “limitata” avrebbe conseguenze climatiche catastrofiche a livello globale. Un nuovo studio dell’IPPNW mostra che una guerra nucleare tra India e Pakistan, entrambi stati dotati di armi nucleari e spesso in conflitto, che utilizzi meno del 3% degli arsenali nucleari mondiali, potrebbe uccidere fino a una persona su tre sulla terra. Lasciando intatto il 97% delle armi nucleari del mondo, questo scenario plausibile altererebbe il clima mondiale in modo tale da ridurre i tempi di raccolta dei cereali di base da cui dipendono molte popolazioni, portando a una carestia globale nei decenni a seguire.

Anche quando le armi nucleari non vengono utilizzate, il loro mantenimento e produzione sottrae fino a 82,9 miliardi di dollari all’anno che potrebbero essere destinati agli investimenti necessari in energie rinnovabili, finanziamento di perdite e danni e altri sforzi di mitigazione del clima. Inoltre, la sola produzione di armi nucleari provoca immensi danni umani e ambientali.

La soluzione alla crisi climatica deve includere il disarmo nucleare.


Side event at COP28 – by Bimal Khadka
Side event at COP28 – by Bimal Khadka
Side event at COP28 – by Bimal Khadka

Ridurre i rischi della guerra nucleare: il ruolo degli operatori sanitari

Ripubblichiamo in versione completa la traduzione dell’appello già ampiamente commentato nell’articolo “Da numerose riviste mediche un editoriale chiesto a IPPNW. Urgente ridurre il pericolo di una guerra nucleare“. Si tratta di un importante editoriale apparso il 1° agosto scorso su un grande numero di riviste medico-scientifiche nel mondo. Una cronaca drammatica sulla traccia di appelli e avvenimenti che fanno eco alla crescente minaccia di un’ecatombe nucleare. “Il ruolo degli operatori sanitari” diventa anch’esso importante.

Titolo originale: Reducing the Risks of Nuclear War—The Role of Health Professionals


Nel gennaio 2023, il Science and Security Board del Bulletin of the Atomic Scientists ha spostato le lancette del Doomsday Clock a 90 secondi prima di mezzanotte, riflettendo il crescente rischio di guerra nucleare.

Nell’agosto 2022, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha avvertito che il mondo è ora in “un momento di pericolo nucleare mai visto fin dal culmine della guerra fredda”. Il pericolo è stato sottolineato dalle crescenti tensioni tra molti Stati dotati di armi nucleari.

In qualità di redattori di riviste sanitarie e mediche in tutto il mondo, chiediamo agli operatori sanitari di allertare il pubblico e i nostri leader su questo grave pericolo per la salute pubblica e i sistemi essenziali di supporto vitale del pianeta e di sollecitare azioni per prevenirlo.

Gli attuali sforzi di controllo degli armamenti nucleari e di non proliferazione sono inadeguati per proteggere la popolazione mondiale dalla minaccia di una guerra nucleare per intenzione, errore o errore di calcolo. Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) impegna ciascuna delle 190 nazioni partecipanti “a perseguire i negoziati in buona fede su misure efficaci relative alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari in una data rapida e al disarmo nucleare e su un trattato sul disarmo generale e completo sotto stretto ed efficace controllo internazionale”. I progressi sono stati deludentemente lenti e la più recente Conferenza di revisione del TNP nel 2022 si è conclusa senza una dichiarazione concordata.

Ci sono molti esempi di “quasi disastri” che hanno esposto i rischi di dipendere dalla deterrenza nucleare per un futuro indefinito. La modernizzazione degli arsenali nucleari potrebbe aumentare i rischi: ad esempio, i missili ipersonici riducono il tempo disponibile per distinguere tra un attacco e un falso allarme, aumentando la probabilità di una rapida escalation.

Qualsiasi utilizzo delle armi nucleari sarebbe catastrofico per l’umanità. Anche una guerra nucleare “limitata” che coinvolga solo 250 delle 13.000 armi nucleari nel mondo potrebbe uccidere 120 milioni di persone e causare uno sconvolgimento climatico globale che porterebbe a una carestia nucleare, mettendo a rischio 2 miliardi di persone. Una guerra nucleare su larga scala tra Stati Uniti e Russia potrebbe uccidere 200 milioni di persone o più nel breve termine e potenzialmente causare un “inverno nucleare” globale che potrebbe uccidere da 5 a 6 miliardi di persone, minacciando la sopravvivenza dell’umanità. Una volta fatta esplodere un’arma nucleare, potrebbe verificarsi rapidamente un’escalation fino a una guerra nucleare totale. La prevenzione di qualsiasi uso delle armi nucleari è quindi una priorità urgente per la salute pubblica e devono essere compiuti passi fondamentali anche per affrontare la causa principale del problema, ovvero l’abolizione delle armi nucleari.

Una volta che un’arma nucleare è fatta esplodere, l’escalation alla guerra nucleare a tutto campo potrebbe verificarsi rapidamente. La prevenzione di qualsiasi uso di armi nucleari è quindi una priorità urgente per la salute pubblica e devono essere adottate anche misure fondamentali per affrontare la causa principale del problema, abolendo le armi nucleari.

La comunità sanitaria ha avuto un ruolo cruciale negli sforzi per ridurre il rischio di una guerra nucleare e dovrà continuare a farlo in futuro. Negli anni ’80 gli sforzi degli operatori sanitari, guidati dall’ International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), hanno contribuito a porre fine alla corsa agli armamenti della Guerra Fredda educando i politici e il pubblico su entrambi i lati della cortina di ferro sulle conseguenze mediche. della guerra nucleare. Ciò è stato riconosciuto quando nel 1985 è stato assegnato all’IPPNW il Premio Nobel per la Pace (https://www.ippnw.org).

Nel 2007, l’IPPNW ha lanciato la Campagna internazionale per abolire le armi nucleari, che è diventata una campagna globale della società civile con centinaia di organizzazioni partner. Un percorso verso l’abolizione nucleare è stato creato con l’adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari nel 2017, per il quale la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari ha ricevuto il Premio Nobel per la pace del 2017. Le organizzazioni mediche internazionali, tra cui il Comitato internazionale della Croce Rossa, l’IPPNW, l’Associazione medica mondiale, la Federazione mondiale delle associazioni di sanità pubblica e il Consiglio internazionale degli infermieri, hanno avuto un ruolo chiave nel processo che ha portato ai negoziati e nei negoziati stessi, presentando le prove scientifiche sulle catastrofiche conseguenze sanitarie e ambientali delle armi nucleari e della guerra nucleare. Hanno continuato questa importante collaborazione durante la prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, che attualmente ha 92 firmatari, tra cui 68 Stati membri.

Chiediamo inoltre loro di lavorare per porre fine definitivamente alla minaccia nucleare sostenendo l’urgente avvio di negoziati tra gli Stati dotati di armi nucleari per un accordo verificabile e con scadenza temporale per l’eliminazione delle loro armi nucleari in conformità con gli impegni del TNP, aprendo la strada a tutte le nazioni ad aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.

Il pericolo è grande e crescente. Gli Stati dotati di armi nucleari devono eliminare i loro arsenali nucleari prima di eliminare noi. La comunità sanitaria ha svolto un ruolo decisivo durante la Guerra Fredda e, più recentemente, nello sviluppo del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Dobbiamo riprendere questa sfida come una priorità urgente, lavorando con rinnovata energia per ridurre i rischi di guerra nucleare ed eliminare le armi nucleari.


Nota: questo editoriale viene pubblicato contemporaneamente su più riviste. Per l’elenco completo vedere https://www.bmj.com/content/full-list-authors-and-signatories-nuclear-risk-editorial-august-2023.

Tempi duri alla PrepCon

Tempi sempre più duri per lo spirito negoziale: il difficile avvio dell’undicesima Conferenza di revisione del NPT

Si è svolta a Vienna dal 31 luglio all’11 agosto, sotto la presidenza dell’ambasciatore finlandese Jarmo Viinanen, la prima sessione del comitato preparatorio (PrepComI) dell’undicesima Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione (NPT), prevista per il 2026. Dopo due settimane di discussioni su questoni che hanno un’importanza fondamentale per la sopravvivenza del mondo, gli stati parte hanno concluso la riunione non solo senza produrre un documento condiviso, ma addirittura litigando su quali documenti si potessero elencare nel rapporto procedurale.

Il Trattato NPT è il fondamentale strumento internazionale per regolare le problematiche dell’energia nucleare, proibendo l’accesso di nuovi paesi alle armi nucleari, richiedendo il disarmo nucleare e promuovendo le applicazioni nucleari pacifiche. Entrato in vigore nel 1970, è quasi universale, mancando solo cinque adesioni: Corea del Nord, India, Israele, Pakistan e Sud Sudan; Taiwan, già parte come “Cina” fino al 1971, rimane impegnata a rispettarne la sostanza. Il trattato, unico nella giurisdizione internazionale, ammette una disparità di diritti e doveri fra le parti, distinguendo Cina, Francia, Russia, UK e USA (Nuclear- weapons states – NWS) dai rimanenti paesi (Non-nuclear-weapon states – NNWS); tale discriminazione è in principio solo temporanea, richiedendo l’articolo VI il disarmo nucleare, ma di fatto si sta perpetuando nel tempo e costituisce la causa principale delle difficoltà del trattato stesso.

Dato il ruolo cruciale del NPT per la sicurezza nucleare globale, ogni cinque anni è prevista una conferenza per “esaminare il funzionamento del Trattato al fine di accertare se le finalità del suo preambolo e le sue disposizioni si stiano realizzando” e per proporre suggerimenti per rafforzare il controllo dell’energia nucleare militare e civile.

Dato l’alto valore politico e diplomatico delle conferenze di revisione (RevCon) e la complessità dei lavori da svolgere, spesso fra gravi tensioni o conflitti internazionali, nel 2000 si decise di impegnare la comunità internazionale nei tre anni che precedono una RevCon in lavori di preparazione della conferenza stessa, con appunto un comitato preparatorio articolato in tre sessioni.

Lo scopo delle prime due sessioni del PrepCom è quello di esaminare principi, obiettivi e modalità e questioni specifiche di sostanza per promuovere la piena attuazione del Trattato, nonché la sua universalità, e di formulare raccomandazioni in merito alla RevCon. La terza sessione ha il mandato specifico di produrre un rapporto consensuale contenente raccomandazioni alla conferenza, tenendo conto delle deliberazioni e dei risultati delle sessioni precedenti.

Poiché in queste conferenze ogni decisione, compresa l’agenda dei lavori, richiede l’unanimità di consensi, il più delle volte non si riesce a concordare un documento finale, specie in occasione di gravi tensioni politiche: in particolare la nona e la decima RevCon hanno visto insanabili e irriducibili contrapposizioni sulla maggioranza dei punti in esame e, alla fine, non venne espresso un documento concordato: le motivazioni formali furono nel 2015 l’opposizione degli USA alle posizioni relative a Israele e nel 2022 il veto russo per i riferimenti alla guerra in Ucraina.

Verso il comitato preparatorio

L’inizio del ciclo negoziale dell’undicesima RevCon avviene in un momento particolarmente delicato per il controllo delle armi di distruzione di massa: dopo il fallimento della RevCon del NPT nell’agosto del 2022, nel dicembre la nona RevCon della Convenzione sulle armi biologiche (BWC) ha adottato un documento finale con la sola parte formale, a seguito dell’indisponibilità russa a concordare sulla parte contenente gli elementi sostanziali, creando il precedente di un “consenso per cancellazione” combinato con un “consenso per rinvio”. Infine anche la quinta RevCon della Convenzione sulle armi chimiche (CWC) si è conclusa il 19 maggio 2023 senza un documento concordato per l’ostruzione deliberata di Russia e Siria.

Sorte migliore non ha avuto l’evento propedeutico alla PrepComI, il Gruppo di lavoro “sull’ulteriore rafforzamento del processo di revisione del Trattato”, istituito dalla decima RevCon; alla fine dei lavori (24-28 luglio 2023), non si riuscì a redigere un testo di proposte concordate, nonostante “il dialogo sostanziale, interattivo e approfondito intrapreso dagli Stati parte nel corso delle discussioni del gruppo di lavoro”. Il presidente del gruppo ha presentato, sotto la sua personale autorità, un “documento di lavoro” con 26 raccomandazioni per la PrepComI, estrapolate dai lavori del gruppo: oltre a indicazioni sulla gestione dei tempi dei lavori e la redazione dell’agenda dei vari comitati della RevCon, raccomandando l’attenzione prioritaria alle questioni di sostanza, uno spazio significativo è dato al rispetto delle condizioni di trasparenza e responsabilità, con l’esame critico dei rapporti nazionali delle parti.

In particolare, per rendere effettivo e verificabile l’impegno preso dai NWS nel 2010 (azioni 20 e 21) di informare tutte le parti sulle proprie attività nella prospettiva del disarmo nucleare, si suggerisce l’impiego di un modello standard di rendicontazione includente: i piani di modernizzazione delle armi nucleari e le relative modifiche alle loro capacità nucleari; il numero, il tipo (strategico o non strategico) e lo stato (schierato o non schierato) delle testate nucleari; il numero e il tipo dei vettori; le misure adottate per ridurre il ruolo e l’importanza delle armi nucleari nelle dottrine e nelle politiche di sicurezza; le misure adottate per ridurre il rischio di uso involontario, non autorizzato o accidentale delle armi nucleari; le misure adottate per disattivare o ridurre l’allerta operativa dei sistemi di armi nucleari; il numero e il tipo di armi e vettori smantellati; e la quantità di materiale fissile per scopi militari.

La prima sessione del comitato preparatorio

Ai lavori della PrepComI hanno partecipato 113 stati, 12 agenzie specializzate, organizzazioni intergovernative internazionali e regionali come osservatori; alle sessioni aperte furono ammessi i rappresentanti di 71 organizzazioni non governative, cui fu concesso di presentare documenti e fare interventi in una sessione speciale il 2 agosto.

L’agenda dei lavori prevedeva l’esame dell’attuazione delle disposizioni del NPT relative ai tre capisaldi del trattato: disarmo nucleare, pace e sicurezza internazionale; non proliferazione delle armi nucleari, salvaguardie e zone libere da armi nucleari; il diritto inalienabile di tutte le parti di sviluppare la ricerca, la produzione e l’uso dell’energia nucleare per scopi pacifici senza discriminazioni.

Il comitato si è trovato in un momento di grave tensione globale, con notevoli sviluppi delle problematiche nucleari, fra cui: l’ammodernamento degli arsenali nucleari di tutti gli NWS e l’aumento delle armi cinesi, la sospensione del trattato bilaterale NewSTART, le minacce nucleari russe, il posizionamento di armi nucleari russe in Bielorussia, l’acquisizione australiana di sommergibili a propulsione nucleare (accordo AUKUS), il programma nucleare e missilistico della Corea del nord (DPRK), la produzione iraniana di uranio fortemente arricchito, l’occupazione militare russa della centrale ucraina di Zaporizhzhia e i conseguenti problemi di sicurezza, la crescente adesione al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) da parte di membri del NPT.

La PrepComI ha visto incancrenirsi le contrapposizioni già emerse nell’ultima RevCon con nuovi scismi e contrasti all’interno di organizzazioni e alleanze. La questione cruciale è la disattesa di progressi nel disarmo nucleare, che ha visto solo passi indietro: la storica contrapposizione fra NWS e NNWS si è riproposta e radicalizzata nei termini legati al trattato TPNW, avversato dai NWS e da loro alleati, decisi a sostenere l’attuale fase di sostanziale rafforzamento degli armamenti nucleari, necessario “dato il contesto di sicurezza internazionale”. Importante è stata la messa in discussione dello stesso principio di deterrenza nucleare con i gravi rischi che esso comporta e il suo impatto umanitario.

La creazione di una base nucleare in Bielorussia ha riproposto il problema globale della condivisione di armi nucleari di NWS con NNWS, dando nuova forza alla condanna di tale prassi da parte della gran parte dei membri, mentre paesi della NATO si son trovati in difficoltà a condannare la recente mossa russa e difendere al contempo le armi americane presenti in Europa.

Nella discussione sulle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare una novità è stata la presentazione da parte di alcuni governi dei rischi e dei pericoli posti dagli impianti elettronucleari per le persone e per il pianeta, con il suggerimento di un loro abbandono graduale. Tali prospettive sono state rafforzate nella discussione sulla minaccia di una catastrofe nella centrale nucleare di Zaporizhzhya coinvolta nella guerra della Russia contro l’Ucraina e sul piano del Giappone per lo scarico nell’oceano dell’acqua reflua triziata della centrale nucleare di Fukushima Daiichi.

Su tutte le tematiche discusse nella PrepComI vi sono state posizioni contrastanti, con un generale irrigidimento di ogni paese sulle proprie posizioni. Gli unici argomenti su cui vi è stato un qualche consenso, ma senza proposte concrete, sono l’importanza di programmi di educazione al disarmo e al contrasto alla proliferazione e la necessità di un equilibrio di genere, con un maggiore coinvolgimento di donne in tutti i processi decisionali che riguardino disarmo, pace e sicurezza internazionale.

Il 10 agosto il presidente della sessione ha proposto una bozza di rapporto della PrepComI, ma ogni punto ha sollevato critiche, spesso contrapposte, per cui la bozza è stata ritirata, lasciando solo un formale rapporto procedurale; il giorno seguente l’ambasciatore Viinanen, seguendo la solita prassi, ha proposto, sotto la sua responsabilità una bozza di sintesi dei lavori (Draft Factual Summary) e sue raccomandazioni per la PrepComII.

A questo punto è iniziata un’aspra questione procedurale per stabilire quali documenti poter elencare nel rapporto procedurale: l’Iran, la Russia e la Siria si sono opposti all’inclusione del Draft Factual Summary e delle raccomandazioni del presidente nell’elenco dei documenti ufficiali, neppure come documento di lavoro, mettendo in discussione l’intera prassi delle RevCon. Alla fine, per consentire l’adozione del rapporto procedurale e avere un resoconto della riunione, il presidente ha ritirato il suo riassunto e ha presentato le raccomandazioni, ridenominate “riflessioni”, come documento di lavoro della PrepComII.

Tuttavia, la disputa sull’elenco dei documenti di un rapporto procedurale è estrema anche per gli standard del TNP. Era lecito sperare che il fallimento di due Conferenze di revisione consecutive dovesse ispirare una certa flessibilità e un compromesso tra gli stati parte per preservare il Trattato a cui dicono di tenere così tanto.

Dopo due settimane di deplorevole diplomazia, mancanza di leadership e predominio di ristretti interessi nazionali che hanno paralizzato la PrepComI, alcuni osservatori ritengono comunque valido l’evento che “ha fornito un’occasione di dialogo alla comunità internazionale”, con la speranza di un “clima politico più favorevole ai progressi sul fronte del disarmo e della non proliferazione”.

Le occasioni di incontro sono importanti ma se il dialogo si riduce alla proposizione dogmatica di posizioni contrastanti, senza la minima apertura alla ricerca di una sintesi, in scontri essenzialmente propagandistici col fine di demonizzare l’avversario, c’è il rischio concreto che i grandi trattati universali sulle armi di distruzione di massa divengano obsoleti e non riescano a sopravvivere quali strumenti di riduzione dei conflitti e una via verso il disarmo e la convivenza pacifica.

Alessandro Pascolini – Padova, 30 agosto 2023

Un premio meritato

Promosso a pieni voti il lavoro multimediale di sensibilizzazione al disarmo nucleare realizzato dai ragazzi del liceo classico “Augusto” di Roma.

Avevamo segnalato nel dicembre 2021 l’incontro degli allievi con il prof. Manlio Giacanelli, presidente onorario di IPPNW-Italy, tenuto al liceo “Augusto” di Roma e da cui è scaturito un video di sensibilizzazione prodotto dai ragazzi stessi. Ed è notizia recente la premiazione del lavoro multimediale al concorso nazionale di giornalismo scolastico “Video sconosciuti”, evento tenuto nell’ottobre scorso a Piancastagnaio (SI).

Significativa la motivazione della commissione di valutazione:

“Le armi nucleari sono uno dei lasciti del XX secolo. Dopo Hiroshima e Nagasaki il mondo non è stato più lo stesso e la minaccia di un disastro nucleare ha sempre influenzato il dibattito mondiale. I ragazzi del Liceo Classico ‘Augusto’ prendono una posizione forte e, cosa altrettanto importante, la argomentano in modo forte. Testi chiari, documenti video, dati scientifici rendono il video d’impatto e convincente dando l’impressione di un lavoro ben pianificato e, soprattutto, realizzato con convinzione. Il montaggio è ben fatto e dà un certo tratto di professionalità a tutto il video, grazie anche alla qualità del materiale usato, dalle fonti alla musica”.

Da un anno a questa parte, la minaccia di un disastro nucleare diventa ancora più evidente a causa del conflitto in corso nel territorio dell’Ucraina. Minaccia – a dispetto di quanti ipotizzano effetti limitati ai territori in conflitto – che incombe su aree vastissime del pianeta, e le cui conseguenze sono esposte con rigore scientifico nel video realizzato.

La pagina descrittiva nel sito del liceo


Il video prodotto


L’attestato della premiazione

  • (link al documento allegato nella pagina del liceo)
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Impianti nucleari civili in guerra. Norme internazionali e situazione in Ucraina

E’ un’analisi completa, scientifica e normativa l’importante lavoro che il prof. Alessandro Pascolini ha realizzato e che approfondisce e scavalca quanto nei media è stata solo cronaca veloce ed emotiva. Nel saggio vengono approfondite – in modo razionale e scientifico – criticità e conseguenze che le centrali di Chernobyl e Zaporizhzhya hanno subito come conseguenze degli attacchi dell’esercito russo sul territorio dell’Ucraina a partire dal 24 febbraio scorso; e inoltre mettendole a confronto con vari precedenti eventi concentrati principalmente durante passati conflitti medio-orientali, in un flash storico certamente significativo e interessante.

Di seguito alcuni estratti del lavoro. Il documento completo è disponibile a un link in fondo alla pagina.

 

La situazione attuale a Chernobyl

Sarcofago del reattore n° 4 della centrale nucleare di Černobyl’ nell’agosto 2013 (Tiia Monto, CC BY-SA 3.0)

“ll sito è stato occupato dalle forze russe dal 24 febbraio fino al 31 marzo. Il sito si trova sulla direttiva di invasione settentrionale verso Kiev e fungeva da utile punto di accampamento per le truppe russe in preparazione all’attacco alla capitale ucraina, e poteva essere un rifugio sicuro dai contrattacchi a causa dell’enorme quantità di materiale radioattivo ancora presente nella Zona di esclusione di Chernobyl. La Russia ha motivato l’occupazione al Direttore generale della IAEA “per impedire atti deliberati di sabotaggio”.

Il personale ucraino ha continuato a gestire le operazioni quotidiane delle varie strutture, ma per quasi quattro settimane non ha potuto ruotare e tornare alle proprie case. Attualmente la turnazione del personale avviene regolarmente secondo i piani.

Le comunicazioni del sito con l’esterno, in particolare con lo SNRIU e la IAEA, durante l’occupazione sono state interrotte e informazioni sulla situazione si sono avute in modo occasionale e informale. L’Ucraina ha ora gradualmente ripristinato il normale controllo della sicurezza nucleare e radioattiva. Tuttavia, la situazione generale nella zona rimane difficile a causa dei ponti distrutti e delle attività di sminamento.”

 

La situazione a Zaporizhzhya

Centrale nucleare a Zaporizhzhya (Di Ralf1969 – Opera propria, CC BY-SA 3.0)

“Nel progresso dell’occupazione dei territori orientali dell’Ucraina, il 4 marzo forze russe hanno raggiunto il sito della centrale, e vi hanno imposto il controllo militare. Nelle operazioni militari, il centro di formazione della struttura — situato a poche centinaia di metri dalle unità del reattore — venne colpito da un proiettile generando un incendio localizzato; hanno subito danni anche gli edifici del laboratorio e di una struttura amministrativa, nonché il trasformatore del reattore 6, riparato alcuni giorni dopo. In quel momento l’Unità 1 era spenta per manutenzione, le Unità 2 e 3 erano in spegnimento controllato, l’Unità 4 funzionava al 60% di potenza e le Unità 5 e 6 erano tenute “in riserva” in modalità bassa potenza.

L’Ucraina ha assicurato la IAEA sull’integrità fisica dei sei reattori dell’impianto e dei sistemi di sicurezza; la centrale nucleare ha continuato a essere gestita dal suo personale regolare, i sistemi di monitoraggio delle radiazioni nel sito sono rimasti pienamente funzionanti e non c’è stato alcun rilascio di materiale radioattivo. Le piscine del combustibile esausto hanno funzionato normalmente e anche la struttura di stoccaggio a secco non ha subito alcun danno. Attualmente (26 maggio) le unità 1, 2 e 4 lavorano a piena potenza e le altre 3 sono sconnesse dalla rete.”

 

L’Ucraina ha una vasta esperienza nei vari aspetti della tecnologia nucleare civile; opera 4 impianti elettronucleari con 15 reattori localizzati in 2 centrali in Volinia e 2 nell’Ucraina meridionale. Altri due nuovi reattori sono in costruzione a Khmelnytskyy.

 

Quanto ai rischi di contaminazione nucleare – il ricordo dell’incidente di Chernobyl del 1986 contribuisce a provocare i timori – ecco quanto specifica:

“Va osservato che questi reattori sono estremamente più sicuri dei reattori RBMK attivi a suo tempo a Chernobyl; i loro edifici in cemento rafforzato sono in grado di sopportare anche proiettili e testate di alta potenza, che non siano specifici per penetrazioni anti-bunker; anche la rottura dell’edificio non può portare a danneggiare il nocciolo del reattore, racchiuso in un contenitore a pressione di acciaio inossidabile incorporato in cemento.

Il maggior pericolo può venire dall’auto-distruzione del reattore dovuta all’interruzione del raffreddamento (come è successo a Fukushima), a seguito della distruzione dell’impianto refrigerante o della mancata alimentazione delle pompe. Va ricordato che allo spegnimento i reattori conservano una potenza residua, che raggiunge tipicamente il 6% di quella d’esercizio (quasi 200 MW per impianti di 1 GWe), per ridursi nel giro di qualche giorno ai valori minimi della configurazione di “spegnimento freddo”, solo se la refrigerazione continua regolarmente.”

 

Un capitolo fondamentale del lavoro del prof. Pascolini si sofferma sulla normativa internazionale relativa ai conflitti armati, e riguardando in particolare la presenza di reattori nucleari civili. Ecco un estratto:

“I principi cardinali del diritto umanitario internazionale sono quelli di distinzione e di proporzionalità; in base al primo, chi lancia un attacco deve prendere tutte le possibili precauzioni per assicurarsi che gli obiettivi attaccati non siano né persone né oggetti civili, in modo da risparmiare il più possibile queste ultime due categorie. Una volta poi accertato il carattere militare del bersaglio, il principio di proporzionalità richiede che si dovrà considerare se le morti, i danni a civili o loro oggetti, che ci si aspetta come danno collaterale, risultino eccessivi, e quindi sproporzionati, rispetto al previsto vantaggio militare concreto e diretto.

Oltre alla protezione della popolazione e dei suoi beni, ci sono nel diritto umanitario internazionale specifici gruppi e oggetti che beneficiano di una protezione speciale a causa della loro importanza o del loro potenziale pericolo. Questo vale per i beni culturali, edifici di culto, strutture e personale medico, ma anche appunto per le centrali nucleari.

Iniziatore di quest’ultima protezione è stato il Comitato internazionale della croce rossa (ICRC), che nel 1956 introdusse nella bozza delle “regole per limitare i danni alla popolazione civile in tempo di guerra” un articolo per la protezione speciale di installazioni “contenenti forze pericolose”, inizialmente dighe e sbarramenti idraulici, esteso a includere impianti elettronucleari. Dopo lunghe discussioni, l’8 giugno 1977 la Conferenza diplomatica ad hoc giunse ad approvare per consenso unanime i protocolli addizionali I e II alle Convenzioni di Ginevra del 18 agosto 1949, che includono la protezione di impianti nucleari.”

 

Le norme del diritto internazionale in caso di conflitto hanno purtroppo un impatto marginale nella realtà degli eventi bellici, e la situazione in Ucraina non fa eccezione.

 

“Il 2 marzo 2022, in una riunione del Consiglio dei governatori della AIEA, il Direttore Generale ha delineato sette pilastri indispensabili per garantire la sicurezza nucleare nella presente situazione in Ucraina:

  1. L’integrità fisica degli impianti — che si tratti di reattori, bacini di combustibile o depositi di rifiuti radioattivi — deve essere mantenuta;
  2. Tutti i sistemi e le apparecchiature di sicurezza e protezione devono essere sempre perfettamente funzionanti;
  3. Il personale operativo deve essere in grado di adempiere ai propri doveri di sicurezza e protezione e avere la capacità di prendere decisioni libere da pressioni indebite;
  4. Deve esserci un’alimentazione elettrica sicura dalla rete esterna per tutti i siti nucleari;
  5. Devono esserci catene logistiche di approvvigionamento e trasporti ininterrotti da e per i siti;
  6. Devono esserci efficaci sistemi di monitoraggio delle radiazioni in loco e fuori sede e misure di preparazione e risposta alle emergenze;
  7. Devono esserci comunicazioni affidabili con l’autorità di regolamentazione e altri soggetti.”

“Venendo alla presente situazione in Ucraina, gli attacchi a Kharkiv e Zaporizhzhya, le interruzioni delle comunicazioni, delle connessioni elettriche e il trattamento del personale a Chernobyl e Zaporizhzhya violano vari dei 7 pilastri di sicurezza decisi dal Consiglio dei governatori della IAEA. Il caso più grave è chiaramente l’attacco armato alla centrale di Zaporizhzhya, che appare un’esplicita violazione del Protocollo I e della Norma 42, oltre alle stesse regole militari della Russia.”

 

E’ comunque in un certo senso “rassicurante” – nell’attuale specifica situazione degli impianti nucleari in Ucraina – la conclusione che descrive:

“Fortunatamente il coinvolgimento delle strutture nucleari non ha prodotto finora vittime o contaminazione radioattiva e quindi appare un danno marginale in una guerra sempre più cruenta, indiscriminata e distruttiva, che presenta gravi violazioni del diritto umanitario e la distruzione di importanti beni culturali, luoghi di culto, ospedali e scuole. Tuttavia le installazioni nucleari racchiudono “forze pericolose” di tale natura che richiedono un’attenzione particolare e continua, specie un una guerra che sembra non dare adito a speranze di una risoluzione entro breve tempo.”


Acronimi e Note:

  • IAEA: Agenzia internazionale per l’energia atomica
  • SNRIU: Ispettorato statale ucraino per la regolamentazione nucleare
  • ICRC: Comitato internazionale della Croce Rossa

L’articolo è stato pubblicato anche nel sito della rivista online dell’Università di Padova.

 


Alessandro Pascolini è uno studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, ed è vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze. Si occupa di fisica nucleare, controllo degli armamenti e divulgazione scientifica. Dal 1988 al 2002 è stato responsabile delle attività di promozione della cultura scientifica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, producendo una sessantina di mostre in Italia e all’estero e predisponendo testi e materiali audiovisivi, cinematografici e multimediali. La Società Europea di Fisica gli ha conferito il premio 2004 per la divulgazione scientifica. È vicepresidente dell’ISODARCO e partecipa alle Pugwash Conferences on Science and World Affairs.