Ban the Bomb. Finally.

Con una maggioranza quasi assoluta, ieri 7 luglio 2017 è stato approvato, in sede ONU, il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.

Nuclear Ban negotiations 2017Presenti i rappresentanti di più di 120 Nazioni, l’Assemblea è stata comunque disertata dagli Stati dotati di armi atomiche e da diversi loro alleati, tra cui l’Italia. La loro assenza non ha comunque influito sulla validità del voto, che attende il 20 settembre prossimo per la sua ratificazione con le firme degli Stati sostenitori del Trattato.

Risulterà così operativa e giuridicamente vincolante la proibizione a sviluppare, testare, produrre, acquisire, possedere ma anche trasferire o ricevere il trasferimento, consentire la dislocazione di armi nucleari e altri dispositivi esplosivi nucleari, e inoltre a incoraggiare, indurre, assistere o ricevere assistenza per una qualsiasi delle suddette attività. Un traguardo raggiunto anche grazie al costante impegno profuso nel corso degli anni dalle numerosissime organizzazioni della Società Civile.

L’arma atomica era rimasta l’unico tipo di arma di distruzione di massa non ancora giuridicamente soggetta a divieto; che aggiunge, oltre all’uso di tali ordigni, anche la semplice minaccia al loro impiego.

E’ nota a tanti – e adesso anche tanti Stati lo confermano – la catastrofe umanitaria che l’atomica provocherebbe, anche in un suo uso limitato; e ciò può avvenire anche per incidente o per errore. I Nuclear States giustificano la loro assenza adducendo la preferenza a un disarmo “step to step” o definendo il Trattato come fautore di divisioni; il boicottaggio prolungato – fin dai primi passi del lungo percorso intrapreso dagli incontri internazionali che hanno portato al successo di ieri – dimostra piuttosto che questo Trattato avrà realmente la possibilità di un impatto positivo verso il disarmo nucleare totale.


Il percorso intrapreso: dalle Conferenze Diplomatiche Internazionali sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari all’Accordo approvato alle Nazioni Unite

  • Marzo 2013 a Oslo (Norvegia), Febbraio 2014 a Nayarit (Messico) e Dicembre 2014 a Vienna (Austria): Conferenze Diplomatiche Internazionali sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari – Creazione dell’Open Ended Working Group (OEWG);
  • Ottobre 2016, Nazioni Unite. Risoluzione L.41 a seguito dei lavori dell’OEWG: impegna le Nazioni Unite all’avvio dei negoziati per la messa al bando delle armi nucleari;
  • Marzo 2017 e Giugno-Luglio 2017: Assemblea delle Nazioni Unite, negoziati per la messa al bando delle armi nucleari;
  • 7 luglio 2017: l’Assemblea approva il Trattato

Alcune risorse e documenti


Immagini dalla Conferenza (slides su Flickr by Lucas Wirl)

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Si noti in una foto l’assenza della Germania, come pure quella del rappresentante del nostro Paese. L’influenza degli Stati Uniti e degli altri Paesi possessori dell’atomica, e delle motivazioni di deterrenza “per mantenere la sicurezza” politica e militare, hanno allontanato i Nuclear States (e i loro alleati) dall’essere partecipi di questa opportunità che nemmeno il Trattato di non proliferazione nucleare è mai arrivato a realizzare.

Alberto Malliani, un ricordo


A dieci anni dalla morte, una pagina commemorativa arriva dalla rivista “NAUTILUS – Viaggio al Centro della Salute” (Sinergie Edizioni Scientifiche). Un sunto biografico che sottolinea e ricorda la sua profonda umanità e la certezza che la professione medica è sempre missione e assoluta disponibilità a chi è sofferente e nel bisogno.

Ricordiamo che il prof. Malliani è stato anche cofondatore, assieme all’attuale Presidente dott. Di Paolantonio e al Presidente onorario Manlio Giacanelli, della sezione italiana di AIMPGN (l’Associazione Italiana Medicina per la Prevenzione della Guerra Nucleare) affiliata italiana di IPPNW. Assieme al dott. Di Paolantonio ha partecipato alla consegna ad Oslo del Premio Nobel per la Pace assegnato a IPPNW nel 1985 in rappresentanza di tutti i colleghi medici italiani.


Alberto Malliani. Una lezione che continua

Lo abbiamo ricordato nell’occasione della pubblicazione del bel libro “Medico sempre” (Nautilus n. 2, 2015), Alberto Malliani rimane a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa nei cuori e nella mente di tanti, medici e cittadini comuni. La sua opera infatti è di quelle che lasciano un segno. Bene hanno fatto l’Università degli Studi di Milano, la VIDAS, benemerita associazione di volontari per l’assistenza ai sofferenti, e l’Associazione Alberto Malliani per l’etica e la ricerca in medicina, a ricordarlo in un importante e ben riuscito convegno nell’Aula Magna dell’Università di Milano il 17 novembre 2016 alla presenza del Rettore Gianluca Vago e del Presidente dell’Ordine dei Medici Roberto Carlo Rossi e guidati dal suo allievo Nicola Montano e dal vicedirettore del Corriere della Sera Giangiacomo Schiavi. Non si potranno qui ricordare i rilevanti, ed anche emozionanti interventi degli stessi e di relatori del livello di Nicola Dioguardi, Salvatore Natoli, Fulvio Scaparro e tanti altri, fino all’intervento di Alessandro Bergonzoni Mors tua mors mea vita tua vita mea.

Ancora una volta sarà invece opportuno tornare alle parole di Alberto Malliani: «Per salvare le foreste occorre salvare gli alberi, uno per uno», principio applicato regolarmente ai suoi malati, ai sofferenti, ai poveri che finiscono indifesi in ospedale e hanno tutto da perdere; «se un malato vi racconta la sua storia e non avrete voglia, a storia finita, di ricominciare da capo per chiedere meglio, per ascoltare ancora, se non dimenticherete l’esatto trascorrere del tempo, se non farete tardi… è segno che non stavate facendo il medico», raccomandava nelle sue lezioni agli studenti di medicina.

Il programma del convegno era sotto l’esergo di una sua affermazione: “… non c’è medicina senza filosofia”. Ma Malliani era contro la filosofia del futile, con gli uomini che sottovivono e accettano con rassegnazione la dismissione, la servitù: «Servirebbero piantagioni di coraggio e non parole inutili, che per i medici sono target, business, promotion». «A un medico si può e si deve chiedere di non essere mai sfiorato dal cinismo», diceva ai giovani specializzandi.

E sui malati più difficili, quelli che chiamiamo terminali, dava questa definizione provocatoria: «Il malato terminale è il malato che ha terminato di produrre. Se la medicina fosse solidarietà, da quel momento si scatenerebbe tutto ciò che si deve fare e si può fare». Per Malliani infatti un uomo terminale «è un qualunque vecchio povero, qualunque persona che non ha un nucleo familiare adeguato, qualunque disabile che non abbia un minimo di aiuto socioeconomico, un tossicodipendente in declino. Esiste in questa società opulenta un lugubre parcheggio dove chi si trova lì è soltanto in demolizione. Dovremmo occuparcene». Schiavi sottolinea: «non è offensiva la definizione di malato terminale? Toglierla dai nostri resoconti, come la parola malattia inguaribile, sarebbe auspicabile: io ho deciso di farlo. Per Malliani certe scorciatoie linguistiche rappresentavano un vuoto di pensiero e di azione». Ricordarlo è stato un balsamo, perché Malliani, medico, docente, ricercatore, accademico indignato e premio Nobel per la pace con i colleghi dell’IPPNW nel 1985, ha lasciato in chi l’ha conosciuto un messaggio di etica e umanità.

«Cambiate, ribellatevi, indignatevi, è il mondo che conta che rovina il resto», ma non senza aprire all’ottimismo della volontà: «Per fortuna c’è tutto il resto, di cui si può essere innamorati».

Fonte: NAUTILUS Viaggio al Centro della Salute
Sinergie Edizioni Scientifiche
Anno XI - 2017 N. 1, pag. 24.
http://www.nautilussalute.com/it/
http://www.edizionisinergie.com/it/

Health Through Peace 2017

Ai primi di settembre il Congresso mondiale di IPPNW


Confrontarsi, quale comunità medica internazionale, sui temi della militarizzazione, della guerra e dell’insicurezza globale: questo lo scopo del meeting organizzato da Medact che si svolgerà dal 4 al 6 settembre prossimi all’Università di York in Gran Bretagna e che insieme ospiterà l’annuale Congresso mondiale di IPPNW.

Nella pagina che descrive l’evento è possibile trovare il programma di massima dei tre giorni di incontri, nonché  informazioni generali e logistiche per i partecipanti. Qui troviamo anche delle note utili per la registrazione al meeting e le quote di partecipazione. In particolare è prevista la data del 28 febbraio quale termine ultimo per usufruire di quote agevolate (“Early bird rates”), mentre la registrazione online deve avvenire entro il 25 agosto prossimo.

E’ aperta l’iscrizione per gli interventi nelle varie tematiche illustrate nella sezione “Call for Papers” della pagina.

 


Medact nasce nel 1992 dalla fusione di due Organizzazioni, la Medical Campaign Against Nuclear Weapons (MCANW) e la Medical Association for the Prevention of War (MAPW), e la Mission attuale racchiude globalmente le minacce alla salute dovute ai cambiamenti climatici come pure alla violenza strutturale dei sistemi e delle politiche economiche. Essa è inoltre l’affiliata in Gran Bretagna di IPPNW, l’Internazionale dei medici per la prevenzione della guerra nucleare, Premio Nobel per la Pace nel 1985.


La via della pace passa per il disarmo nucleare

SaveTheHumansUn breve articolo nel sito della Radio Vaticana sottolinea la grande importanza dell’imminente Conferenza alle Nazioni Unite, ricordata dal Papa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per l’avvio di negoziati per un trattato di messa al bando delle armi nucleari. L’articolo descrive come ben 123 Paesi nel mondo abbiano votato a favore della recente Risoluzione che porterà a breve alla Conferenza, nonostante il boicottaggio costante dei Nuclear States e con la preoccupazione, ad esempio, per la crescente volontà di riarmo atomico ai confini tra la Russia e gli Stati dell’Unione Europea che si affacciano ad essa.

La pagina introduce all’ascolto della registrazione audio di un servizio trasmesso qualche giorno fa sulle frequenze della Radio Vaticana e che ha portato le testimonianze importanti di Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche internazionali “Archivio Disarmo” e di don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. Un programma e un’intervista importante da seguire con interesse e che spiega in modo chiaro la situazione attuale: armamenti atomici, commercio delle armi, finanziamenti, guerre, ipocrisia dei potenti; ma anche lo sviluppo delle iniziative da parte di governi o di ONG – e ICAN è espressamente menzionato – che nel corso degli ultimi anni stanno cercando di arrivare giuridicamente, nel diritto internazionale, alla proibizione nell’uso e nel possesso delle armi nucleari, così come è stato per altre armi di distruzione di massa, quali le bombe chimiche.


 

Per approfondire:

“La pace nel mondo” adesso pubblicato sulla rivista della “Città della Scienza”

logo-ippnw-black-125pxE’ adesso pubblicato sulle pagine online della Rivista del Centro Studi “Città della Scienza” (www.cittadellascienza.it) il discorso tenuto il 10 dicembre scorso dal dott. Di Paolantonio all’Assemblea generale dell’Ordine dei medici di Teramo. Un intervento che ha in parte ripercorso gli sforzi dell’IPPNW nel conseguimento del disarmo atomico, premessa necessaria per l’invito, che è insieme un appello, ai numerosi medici presenti al convegno.

“Il medico, che ha come propria missione la cura della salute, definita dall’Agenzia delle Nazioni Unite per la Salute come lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e che si trova a fronteggiare tutti i giorni l’impatto che la crisi economica e l’uso distorto di risorse hanno sulla salute dei propri assistiti e sulla sostenibilità dello stesso servizio sanitario, ha il dovere di alzare il tiro della propria missione, aiutando la propria comunità scientifica, istituzionale, politica e culturale a capire tutta l’urgente necessità di un nuovo modo di pensare alla pace ed alla guerra, a partire dalla necessità urgentissima di abolire le armi nucleari e con esse la follia nucleare, ridistribuendo risorse e quindi speranze di vita e di futuro per i nostri pazienti, per i nostri figli, e per tutti noi.”

Enormi quantità di risorse sono attualmente impiegate per la ricerca e lo sviluppo, la gestione e l’ammordernamento delle migliaia di ordigni nucleari tuttora presenti negli arsenali di nove nazioni. Risorse che si intrecciano con i movimenti finanziari operati da numerosi Istituti bancari che vedono in esse un notevole aiuto nel clima di crisi globale in atto. Denaro e potere che rimangono ciechi di fronte al rischio costante di un conflitto atomico, anche innescato per errore.


Risoluzione L.41

Comunicato del Presidente di IPPNW-Italy:
un-logoIeri 28 ottobre 2016 è accaduto alle Nazioni Unite un fatto storico: è stata adottata, in sede di Prima Commissione Disarmo della 71° Assemblea Generale, la Risoluzione L.41 (vedi http://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/1com/1com16/resolutions/L41.pdf), che impegna le Nazioni Unite all’apertura della Conferenza per la Messa al Bando delle Armi Nucleari, sulla base dell’Iniziativa Umanitaria condotta in primo luogo dal Comitato Internazionale della Croce Rossa / Mezzaluna Rossa (ICRC/HC) e dall’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW) – Internazionale Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare, entrambe organizzazioni Premio Nobel per la Pace.

 

Sulla base di una proposta formulata a Roma nell’aprile 2010, da chi scrive, al rappresentante dell’ICRC/HC in sede di Working Meeting di preparazione del Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace che si tenne ad Hiroshima nell’ottobre 2010, il Comitato adottò dapprima a Ginevra e poi a Sydney la prima e la seconda Risoluzione per l’eliminazione delle armi nucleari, e contemporaneamente organizzò tre Conferenze Diplomatiche Internazionali sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari che si tennero, in presenza di delegazioni diplomatiche ufficiali di oltre cento Paesi membri delle Nazioni Unite, ad Oslo (marzo 2013), Nayarit, Messico (febbraio 2014) e Vienna (dicembre 2014), che hanno rappresentato il background diplomatico internazionale che ha portato, attraverso il lavoro comunemente svolto nel Gruppo di Lavoro Aperto delle Nazioni Unite per Colloqui Multilaterali per il Disarmo Nucleare, insieme ed affiancate, dalle delegazioni di Croce Rossa Internazionale (ICRC) ed Internazionale Medici (IPPNW), allo storico voto all’ONU della scorsa notte, tra il 27 ed il 28 ottobre 2016.

 

Dott. Michele Di Paolantonio
Presidente della Sezione Italiana dell’IPPNW,
International Physicians for the Prevention of Nuclear War,
organizzazione Premio Nobel per la Pace 1985

Good News

“Per sette decenni, l’ONU ha messo in guardia contro i pericoli delle armi nucleari, e attivisti ovunque nel mondo si sono adoperati per la loro abolizione. Oggi la maggior parte degli Stati, infine, ha deliberato di bandire queste armi”. Beatrice Fihn, direttore esecutivo di ICAN, annuncia così l’approvazione della Risoluzione L.41 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che impegna le Nazioni Unite stesse all’avvio nel 2017 di negoziati per un Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.

Si tratta di un evento di portata storica dopo due decenni di stagnazione nelle iniziative sul disarmo nucleare. E per la prima volta i negoziati verteranno proprio sulla proibizione dell’arma atomica in quanto tale anziché sulla semplice riduzione degli armamenti. Molto hanno influito le Conferenze Diplomatiche Internazionali sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari (Oslo nel marzo 2013, Nayarit nel febbraio 2014 e Vienna nel dicembre 2014) che hanno preparato il terreno ai lavori dell’Open Ended Working Group la cui Risoluzione finale ha portato alla successiva votazione del 28 ottobre scorso al First Committee of the UN General Assembly.


La votazione

Per ottenere l’approvazione occorrevano i 2/3 di assensi da parte degli Stati presenti all’Assemblea. Si sono avuti in totale 123 voti favorevoli, 38 contrari e 16 astenuti.

Tra gli astenuti è da notare anche la presenza di tre Nuclear States (Cina, India e Pakistan) – l’astensione al voto non è considerata voto contrario – mentre la quasi totalità degli Stati europei ha affiancato il “no” convinto di USA, Russia, Canada, Giappone, Israele, Australia, South Corea e Micronesia.

 


Per approfondire:

 

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Non è utopia ma necessità

Michail Gorbachev
(C) RIA Novosti archive, image #359290 / Yuryi Abramochkin / CC-BY-SA 3.0

Reykjavik trent’anni dopo. Ricordando il summit dell’ottobre 1986 tra USA e URSS, tra Reagan e Gorbachev, la Conferenza internazionale appena svolta nella capitale islandese ha portato la testimonianza diretta dello stesso Presidente dell’Unione Sovietica di quegli anni. Il suo discorso ha toccato il tema anora attuale del confronto e del disarmo nucleare, riportandone il suo ricordo nel contesto di questi nostri tempi difficili e cruciali.

“Vi siete riuniti in un momento cruciale. In momenti come questo, avvertiamo profondamente la continuità del tempo, come il passato si pone in dialogo con il presente e il futuro. Pertanto, questa data non è solo un’occasione per ricordare questo evento storico, ma anche l’occasione per una seria riflessione su cosa fare nei nostri tempi difficili.”

E Mikhail ricorda:

“Come e perché è nata l’idea di un incontro a Reykjavik?

Nell’estate del 1986 ricevetti una lettera del Presidente Reagan, che riguardava i negoziati USA-URSS sul disarmo nucleare, e il progetto di risposta preparata dal nostro Ministero degli Esteri. Io trovai i due testi del tutto insoddisfacenti.

Ancora una volta mi ero convinto che i negoziati tra le nostre delegazioni a Ginevra si stavano trasformando in una routine, impantanandosi in dettagli tecnici, diventando uno schermo dietro il quale non stesse accadendo nulla di significativo mentre la corsa agli armamenti nucleari continuava. Ma a dispetto di tutto, Reykjavik non è stato un fallimento – si è trattato di un passo avanti. Per la prima volta, abbiamo guardato oltre l’orizzonte.
Eppure, solo pochi mesi prima, al nostro primo vertice a Ginevra, il presidente degli Stati Uniti e io avevamo fatto una dichiarazione: la guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta; i nostri paesi non cercheranno la superiorità militare.
Ma questa affermazione non è stata seguita da passi decisivi per fermare la corsa agli armamenti nucleari.

La situazione generale delle nostre relazioni è stata anche causa di grave preoccupazione. Molti pensavano che i rapporti fossero scivolati indietro verso una Guerra Fredda: navi della Marina militare stavano entrando nelle nostre acque territoriali; gli Stati Uniti avevano testato una nuova arma nucleare ad alta potenza; le tensioni si aggravavano a causa di una retorica ostile e di “scandali” spionistici.”

La tragedia di Chernobyl dell’aprile 1986 diede anche per Gorbachev e per ia leadership sovietica una svolta decisiva:

“Nel frattempo, l’incidente nucleare di Chernobyl fu un richiamo vivido per tutti noi sul pericolo nucleare che affrontavamo. Ho detto spesso che ciò ha diviso la mia vita in due parti: prima e dopo Chernobyl. La leadership sovietica convenne all’unanimità sulla necessità di fermare e invertire la corsa agli armamenti nucleari, per sbloccare lo stallo dei colloqui sul disarmo nucleare.

I negoziati avevano la necessità di un forte impulso dai vertici, e potevano essere solo il risultato di uno sforzo comune. Era necessario un incontro tra i leader dei due Paesi.

Proposi al presidente Reagan di incontrarci in qualche luogo a metà strada tra Mosca e Washington: a Londra o Reykjavik. Decidemmo per Reykjavik e, quasi subito, iniziammo a prepararci in modo da arrivare al summit con proposte che potessero aprire la strada a una svolta. Questo fu l’incarico affidato ai nostri esperti; il Politburo approvò all’unanimità questo approccio.”

Il Summit di Reykjavik sembrò non avere raggiunto i risultati desiderati, a causa soprattutto del disaccordo sul progetto statunitense di creazione dello “scudo spaziale”: il sistema di difesa missilistico americano avrebbe ampliato il confronto nucleare anche al di fuori dell’atmosfera. Ma furono concordi su un’“opzione zero” riguardante l’eliminazione dei missili a gittata intermedia e a corto raggio. Fu il primo passo per la stesura del Trattato INF del dicembre 1987 che si concretizzò con lo smantellamento dei cosiddetti Euromissili: gli SS20 sovietici e i Pershing e Cruise statunitensi.

“Fu la svolta a Reykjavik a scatenare il processo di reale riduzione delle armi nucleari. Gli accordi senza precedenti che raggiungemmo con i presidenti Reagan e Bush sulle armi nucleari strategiche e medio raggio e sulle armi tattiche permisero di ridurre le riserve ed eliminare migliaia di testate nucleari – oltre l’80 per cento degli arsenali della Guerra Fredda, come Russia e Stati Uniti riferirono alla Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare.”

Ma questa è storia del passato: la preoccupazione di Gorbachev si accende alla descrizione degli scenari attuali:

“Sono preoccupato e allarmato per la situazione attuale. Sotto i nostri occhi, la finestra per un mondo senza armi nucleari aperta a Reykjavik si è chiusa e sigillata. Vengono creati nuovi e più potenti tipi di armi nucleari. Le loro caratteristiche qualitative aumentano, vengono sviluppati sistemi di difesa missilistica. Si stanno sviluppando sistemi non-nucleari di attacco paragonabili per il loro impatto mortale alle armi di distruzione di massa. Le dottrine militari delle potenze nucleari sono cambiate in peggio, ampliando i limiti di impiego “accettabile” delle armi nucleari. È principalmente a causa di questo che il rischio di proliferazione nucleare è aumentato.

Ma la cosa peggiore successa negli ultimi anni è il crollo di fiducia nelle relazioni tra le grandi potenze, che secondo la Carta delle Nazioni Unite hanno la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, che possiedono ancora vaste scorte di armi nucleari e devono ridurle fino alla loro completa eliminazione. Questo è ancora un loro impegno vincolante ai sensi del Trattato di non Proliferazione Nucleare.”

La perdita di fiducia tra le Grandi Potenze, l’erosione del Diritto Internazionale, l’uso della forza anziché della diplomazia nella risoluzione delle controversie tra i popoli: diventa sempre più difficile parlare di un mondo libero dal nucleare:

“Dobbiamo essere onesti e riconoscerlo. A meno che le questioni internazionali non si rimettano su una traccia normale e le relazioni internazionali siano smilitarizzate, l’obiettivo che ci ponemmo congiuntamente a Reykjavik diventerà più distante piuttosto che più vicino.

Sono profondamente convinto che un mondo libero dalle armi nucleari non è un’utopia, ma una necessità imperativa. Abbiamo bisogno di ricordare costantemente ai leader mondiali questo obiettivo e il loro impegno.
Finché esistono armi nucleari, c’è il pericolo che un giorno saranno utilizzate: sia per incidente o guasto tecnico, o di intenti malvagi dell’uomo – un folle o un terrorista. Dobbiamo quindi ribadire l’obiettivo di vietare ed eliminare le armi nucleari.

Esorto i vecchi leader e diplomatici, gli scienziati, gli esperti e la società civile mondiale, a dichiarare nel modo più forte e inequivocabile: le armi nucleari devono essere vietate. Ancor di più: la guerra deve essere vietata.”


Estratti dal videomessaggio di Mikhail Gorbachev rivolto alla Conferenza di Reykjavik.  Fonte: Canale Youtube della Gorbachev Foundation

 

Riferimenti:

Il messaggio di Gorbachev (TASS – Russian News Agency)Gorbachev: Nuclear weapon-free world is not a utopia, but a necessity (http://tass.com/world/905191)

Gorbachev Foundation – Mikhail Gorbachev’s Address to Participants in the International Conference http://www.gorby.ru/en/presscenter/news/show_29688/

International Peace InstituteGorbachev: “Worst Thing” Collapse of Trust Between Major Powers (https://www.ipinst.org/2016/10/the-legacy-of-the-reykjavik-summit)

Trattato INF (da Wikipedia)https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_INF

IPPNW-Italy (questo sito)Così fermammo gli Euromissili (http://www.ippnw-italy.org/?page_id=39)

IPPNW-Italy (questo sito)Helsinki 1984 ed il concetto di guerra nucleare non intenzionale nella storia del disarmo nucleare in Europa (http://www.ippnw-italy.org/?p=187)

 

N.B. Gli estratti dall’intervento di Gorbachev sono liberamente tradotti da Roberto Del Bianco